Area cani dei sogni

Quando adottai Pacone, Torino poteva vantare tantissime aree cani, in molte delle quali siamo stati. Purtroppo col passare degli anni, nonostante ci fosse utenza, molte di queste aree cani sono state chiuse. Ricordo quella del Parco Michelotti oppure quella di Via Spalato. Quella di Via Muratori (Luigi Firpo) era sempre più mal frequentata e vandalizzata. Finché scoprii l’area cani del Parco delle Vallere, a Moncalieri.

Era un’area cani spettacolare, piena di alberi, verdissima e a sua volta circondata unicamente dal verde, da prati e da sentieri. Persino il parcheggio era pieno di alberi, le auto stavano sempre all’ombra. Accanto all’area cani inoltre era possibile imboccare un sentiero completamente alberato, quasi “romantico”, dove era possibile fare passeggiate con i cani.

 

Quando andavo con Paco era ancora ben frequentata. Era enorme, divisa in due, e lo spazio era così tanto che sinceramente non ho mai assistito a zuffe e nessun altro tipo di problema fra i cani anche quando erano tanti.

 

Paco si divertiva a corteggiare qualche femminuccia di suo gradimento oppure stava con me nella zona del tavolino. Quando c’era Lara, la seguiva per l’area cani nella sua perenne caccia agli scoiattoli. Ogni tanto però con Paco stavo fuori e lo lasciavo sgambare libero oppure facevo una passeggiata al guinzaglio lungo il vialetto alberato. Andare alle Vallere è stata una delle cose che davano sollievo a Pacone, durante il periodo della chemio.

L’area cani delle Vallere resterà un bellissimo ricordo. Per costruire un orrendo canale di scarico delle acque hanno devastato mezzo Parco delle Vallere. Il viale alberato è stato quasi tutto tagliato. Il parcheggio alberato non esiste più 🙁

Giardinaggio, brico e sport!

A Pacone piaceva moltissimo andare per magazzini. Così spesso lo portavo con me nei magazzini di giardinaggio, nei brico e negozi di articoli sportivi.

Uno dei primi posti in cui lo portai fu il Self di Via Genova a Torino. Un brico che frequentavo sin da ragazzino, li comprai il divano (per me ma anche per Paco, ovviamente) e molte cose belle per la casa e attrezzatura da bricolage. A Paco piaceva tantissimo curiosare fra gli attrezzi, annusava tutto. E tutti gli facevano i complimenti, perché era un cane tranquillo. I commessi non mancavano mai di farci qualche coccola.

 

Quel punto vendita purtroppo chiuse, ripiegammo sul Self di Moncalieri, giusto perché era vicinissimo all’area cani delle Vallere. Mi piaceva farlo posare per foto buffe, creative e colorate!

 

Mi capitava di andare anche al Decathlon, siccome i cani erano benvenuti portavo sempre con me Pacone.

 

Uno dei magazzini che abbiamo maggiormente frequentato fu il Viridea di Collegno. Gli piaceva perché era fornitissimo di giochini e tornavamo a casa sempre con qualche regalo. Poi era occasione di incontro di altri cani. Io mi divertivo sempre a comprare degli “addobbi” per Paco o a fargli delle foto buffe. Siamo andati spesso anche con Cristina e Lara al Viridea.

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando andavamo con mia mamma, le chiedevo di farci delle foto assieme. Questa, per caso, resterà una delle foto più belle insieme a Pacone…

 

Matteo, Mirko e Tommaso

Frequentando i sentieri lungo il Po, conoscemmo Salvatore e i suoi tre cani Matteo, Mirko e Tommaso. Un anziano signore con tre cani grandi lasciati liberi e lasciati interagire con altri cani… qualsiasi altra persona si sarebbe messa a urlare, per me era una situazione da sogno!

Tre cani magnifici, un mix pastore anziano, molto tranquillo, Matteo. Un bellissimo rough collie, Tommaso “Tommy”. E un giovane mix di pastori (probabilmente del border collie), Mirko.

Trovavamo Salvatore e i suoi cani lungo la sponda destra del Po, meno frequentata, quindi con meno problemi con ciclisti, genitori, anziani e persone che in genere mal tollerano i cani sciolti. Iniziai ad andare di proposito su quel lato del fiume proprio per incontrare questi cani. Pacone andava molto d’accordo con loro. Con Mirko giocava in modo un po irruente, anche perché provavano a montarsi a vicenda, senza che nessuno “vincesse”. Quei cani erano dei gran nuotatori, con disinvoltura spesso scendevano a farsi una nuotata nel Po. E Paco li seguiva, con mio sgomento, perché il Po non è certamente noto per le sue acque cristalline ne per il suo profumo. D’altra parte sapeva nuotare bene e poi si rilassava e divertiva. Dopo la nuotata, di ritorno a casa passavamo per la fontanella (il Toret) del Valentino e risciacquavo Pacone. A volte con noi c’era anche Laretta, ma lei si guardava bene dal tuffarsi nel Po a nuotare!

 

Pacone bulletto

Paco è sempre stato un cane molto ben socializzato con i conspecifici, probabilmente prima del canile avrà vissuto in strada con altri cani. Sempre amichevole con pressoché tutti i cani, lo si poteva lasciare in mezzo ad altri cani anche sconosciuti e tutti sarebbero andati d’accordo.

C’era un “però”… con i cani giovani (adolescenti) poteva diventare un vero bulletto! Tendeva a stuzzicare i malcapitati a nasate, mettendo loro il mento sulla schiena o tentando di montarli, e poteva giocare in modo molto irruento nonostante non fosse più un giovanotto!

Per alcuni anni ebbi come vicini di casa una famiglia sudamericana. Un giorno adottarono un cucciolo di dogue di Bordeaux, Oscar. Spesso capitava di incontrarli ai giardinetti a pochi passi da casa, li scioglievamo e Paco ingaggiava con Oscar “furiose” lotte, forse nel tentativo di montarlo.

Non vi preoccupate, nessun cane si faceva male! Nel peggiore dei casi, ne uscivano sbavati 🙂

La “nonna umana” di Paco

La “nonna umana” di Paco era chiaramente mia madre. Ma avendo una nonna ancora in vita che vedevamo ogni giorno, e non volendo definire mia madre “mamma” o “nonna” a seconda se fosse stato presente il cane (non tanto per non confondere il cane o mia madre, quando per non confondermi io!), la definivo “mamma” anche per quanto riguarda Paco.

Mamma adorava Paco, gli piacque dal primo giorno. Forse si aspettava un cane più piccino, rimase sorpresa quando lo vidde il primo giorno a casa.

In famiglia abbiamo sempre avuto piccoli animali, fra cui una gatta, Lilla, ancora in vita quando adottai Paco. Mia madre era più per i gatti, non per i cani, non mi aveva mai permesso di adottarne uno quando vivevo a casa con i miei. Grazie a Paco ha finito per adorare i cani, più ancora dei gatti!

 

Spesso ha fatto da dog sitter, portando Paco al Valentino. Quando veniva a casa da me o quando con Paco andavamo da lei, non mancava di parlargli, di riempirlo di coccole (forse anche in modo troppo irruente), di dargli sempre qualche leccornia. Le è sempre piaciuto dire che se Paco aveva superato le sue fobie e aveva imparato tanto cose era “merito suo” 🙂

 

Anche durante la malattia di Paco e fino all’ultimo giorno di Paco ci è sempre stata vicina, ha sempre aiutato Paco e me come pochi altri.

 

Aiuto, mi hanno clonato il cane!

Non ho mai dato importanza alle razze dei cani, e chiaramente ho sempre pensato a Paco come un meticcio, senza particolari attinenze con una razza o l’altra. Quello che nel mondo anglosassone sarebbe definito “supermutt”. Un cane fantasia.

Un giorno di ritorno dalla passeggiata al Valentino mi fermò un signore, mi chiese guardando ammirato Paco “E’ un Beauceron?”. Un termine francese, difficile da pronunciare. Risposi che non sapevo di che parlasse, lui mi spiegò di essere figlio di allevatori di questa razza francese e che, secondo lui, Paco doveva proprio essere un Beauceron. Spiegai che per me era un meticcio, che lo avevo adottato in canile, che nulla poteva aver a che fare con gli allevamenti. Lui insistette, in ogni caso di ritorno a casa già avevo dimenticato il termine… mi chiedevo “…come lo ha definito, bau-che???”.

Per qualche tempo, non ci pensai più. Un giorno andai al pratone del Valentino dove lasciavamo sgambare liberi i cani… lascio Paco libero e… non vedo un cane quasi identico, una sorta di clone di Paco!? Fu così che conoscemmo Tony quando era cucciolo, questa somiglianza mi incuriosì e così chiesi che cane fosse. Il proprietario disse che era un Beauceron o cane da pastore di Beauce. Questa volta me lo scrissi, perché volevo capirci qualcosa, questa storia diventava sempre più assurda.

Iniziai a pensare che Paco potesse essere un mix di Beauceron. A quei tempi frequentavo Flickr, un sito di fotografia. Pubblicavo molte foto di Pacone e seguivo i profili di altri proprietari di cani. Proprio li mi imbattei in unә ragazzә francese, Alvina, che aveva proprio una Beauceron di nome Helfy.

Ecco che si palesava nuovamente quella incredibile somiglianza. Scrissi ad Alvina, mi feci raccontare di Helfy e di questi pastori de la Beauce e mi resi conto che anche caratterialmente c’erano tantissime coincidenze! Per me non cambiava nulla, e poi Pacone era più bello di tanti Beauceron “veri” 🙂

Sono sempre rimasto in contatto con Alvina, e guardare le foto e i video di Helfy mi commuove sempre, mi sembra di rivedere Paco.

 

Il bar dei cani

Da quando con Paco iniziammo a fare passeggiate e ripassi cinofili con Cristina e Laretta, uno dei luoghi in cui ci incontravamo era la Caffetteria La Stampa.

Un grosso bar nella zona del Valentino, nei pressi della sede dell’omonimo quotidiano. Un bar molto noto e frequentato dai proprietari di cani in quanto i titolari erano decisamente dog friendly. Ogni volta non dimenticavano di elargire biscotti e coccole ai cani.

A Paco e Lara piaceva tanto andare al bar dei cani. Se li lasciavamo liberi all’inizio della via, ci andavano da soli. Si comportavano proprio come due persone, due normali clienti umani che vanno al bar!

Anche questo rimarrà un gran bel ricordo. La caffetteria purtroppo è chiusa. Mi è sempre piaciuto fantasticare che, se fossi diventato ricco, avrei comprato e riaperto quel bar e lo avrei intitolato a Pacone e Laretta.

Il “nonno umano” di Paco

Questa non è soltanto la storia di Paco, ma anche quella di 8 anni della mia vita. Forse i più significativi, sicuramente quelli che ricordo come i più belli, i più intensi, quelli dove sono accadute le cose più significative per me. Vorrei inoltre ricordare qui anche mio padre, purtroppo anch’esso portato via da un tumore 🙁

 

Non ebbi mai un buon rapporto con mio padre, e per vicissitudini passate di fatto ci togliemmo la parola e ci allontanammo diverse volte. Fu proprio Paco a farci riavvicinare, per ben due volte. La prima quando lo adottai, nel 2010, perché papà mi vidde in strada con questo cagnone grande e ne fu incuriosito. Mi disse che “aveva gli occhi umani”.

A seguito di screzi ci allontanammo nuovamente io e mio padre. Nel 2016 Paco aveva già iniziato la chemioterapia, ero senza lavoro, avevo dato fondo a tutti i risparmi e avevo lanciato una colletta. Volle contribuire anche mio padre, informato da mia madre. La prima volta che lo incontrai volli ringraziarlo, pensai inoltre che gli avrebbe fatto piacere rivedere Paco e sapere che nonostante tutto stava benino.

 

Con papà e Paco facemmo anche delle belle passeggiate, fu un bel periodo almeno finché stette bene Paco e finché stette ancora bene papà.

 

Insegnare ai cani a dare la zampa

Durante le mie peregrinazioni per capire come aiutare Paco, dopo essere stato abbandonato dal primo centro cinofilo e aver rinunciato a imbottire Paco di psicofarmaci, tentai ancora con diversi educatori e istruttori cinofili.

Ne conobbi alcuni formatisi in S.I.U.A. Scuola di Interazione Uomo Animale, mi proposero un approccio molto differente da quello del mettere e forzare il cane nel problema, ma suggerivano anzi di evitare situazioni che avessero potuto spaventare Paco e che di conseguenza anche la relazione ne avrebbe giovato.

 

Dopo un periodo di risultati (e assicuro che già il non essere morso e il vedere il cane concentrato su qualche attività o sull’ambiente esterno senza ansie e paure, erano già dei gran risultati) mi incuriosii su questa scuola. Nel 2013 decisi di iscrivermi al corso da Educatore Cinofilo, il corso EC43 a Torino.

 

Inizialmente non fu facile, permettevano di portare i propri cani purché normo-comportamentali e purché non notassero disagio. Di fatto un cane fobico non potei portarlo. Il corso fu comunque interessante e mi diede occasione di conoscere parecchie persone in gamba in ambito cinofilo, sia fra gli allievi che gli insegnanti. Inoltre apprezzavo la filosofia della scuola e del Prof. Roberto Marchesini.

 

Per varie vicissitudini e incomprensioni con i tutor, mollai il corso. Feci però tesoro delle competenze acquisite e continuai a usarle con Paco. I risultati c’erano, Paco era un cane sempre più educato, camminava senza tirare al guinzaglio, ascoltava, mi guardava, iniziava a imparare una serie di esercizi attività evolutive. Nel 2015 decisi di proseguire, mi iscrissi nuovamente e proseguii con il corso EC79. E portai anche Pacone! Anche questa fu occasione di nuove conoscenze, e finalmente riuscii a diplomarmi come Educatore Cinofilo.

 

Il corso senza dubbio non era economico, il periodo per me non era dei più propizi ne dei più felici. Spesso chiedevo aiuto a mia madre, lei di questo corso non è che fosse propriamente entusiasta: lo vedeva come un corso costoso dove “insegnavano ai cani a dare la zampa”.

Successivamente, nel 2017, mi iscrissi anche al corso per Istruttore Cinofilo, il corso IC17. Paco era già malato, ma quando iniziai il corso stava ancora bene. Lo portavo, lui si acciambellava tranquillo sotto il banco e dormiva, talvolta solo, talvolta in compagnia di Tulcea, uno dei cani della mia compagna di banco Silvia. Purtroppo Pacone non arrivò a fine corso.

Sono contento di aver fatto questi corsi non soltanto per le competenze acquisite, per la soddisfazione di aver ottenuto risultati con Pacone e di averlo portato al corso, ma anche per le persone che ho conosciuto e con le quali sono rimasto ancora in contatto.

Melatonina e Thundershirt

Dopo gli svariati insuccessi con veterinari comportamentisti, educatori e istruttori, avevo deciso di non rivolgermi più a figure professionali. Faceva eccezione la nostra bravissima veterinaria, Simona, che ci aiutava come poteva nei limiti delle sue possibilità e anche oltre.

Mi stavo anche chiedendo se non fosse stato il caso di dare via Paco. Non volevo rimandarlo in canile ne avrei desiderato mandarlo presso situazioni di fortuna. Era un cane fobico, aveva reazioni di lotta o fuga, poteva anche arrivare a mordere ma gli volevo bene e pensavo meritasse qualcosa di più.

Non ho voluto arrendermi, ho continuato a documentarmi sulle paure, le fobie, le ansie nei cani e su come venirne a capo o almeno poterci convivere. Avevo sentito parlare della Thundershirt, una maglietta che in teoria avrebbe dovuto tranquillizzare il cane e il cui uso era previsto proprio per le fobie ai rumori. Ero scettico e all’epoca la Thundershirt non era facilmente reperibile, andava ordinata direttamente dagli USA e non era economica. Volli provare, d’altra parte Pacone si faceva vestire qualsiasi cosa senza problemi.

Inoltre chiuso il discorso psicofarmaci, ero alla ricerca di qualcosa di naturale che potesse aiutare Paco e che non avesse effetti collaterali. Iniziai a provare tutti i prodotti nutraceutici, omeopatici e fitoterapici che avevo scoperto. DAP, fiori di Bach, derivati delle proteine del latte infine la melatonina. Procedevo in modo quanto più “scientifico” mi risultasse possibile, provando un principio per volta per settimane, cercando di capire se c’erano cambiamenti nelle reazioni di Paco ad esempio durante i temporali. Nessun cambiamento, finché non iniziai a dare a Paco la melatonina. Fino ad alcuni anni orsono si trovava in libera vendita come integratore a dosaggi molto più alti degli attuali, per Paco trovavo delle compresse da 5mg ad uso umano (per conciliare il sonno).

Finalmente fra Thundershirt e melatonina iniziavo a vedere i primi effetti. Con ostinazione sono andato avanti per mesi e pian piano iniziavo a notare che Paco, durante i temporali, non andava in panico subito ma dopo un po. Aveva iniziato a non anticipare i temporali e poi ad andare in panico magari al secondo tuono anziché al primo. Quei pochi minuti che tanto bramavo: iniziai a sfruttarli per fargli fare delle piccole ricerche olfattive spargendo dei bocconcini in terra poi usando la palla labirinto o nascondendo del cibo per casa e chiedendogli di cercarlo. Queste attività erano sempre più lunghe, avevo iniziato a non chiuderlo più in kennel e lui magari tremava ma non scappava come più come una palla impazzita per tutta la casa.

Contro il parere di tutti, mi ero convinto che ormai la strada fosse in discesa e che Paco potesse totalmente superare le sue paure. Ci ho messo ben tre anni, ma eravamo arrivati a poter uscire sotto il temporale. Paco ignorava rumori di ogni tipo, botti compresi. Non lo portavo più in pensione a capodanno e lui era tranquillo. Iniziai anche a poterlo lasciare sciolto, anche in città, senza temere che potesse scappare.

Finalmente Paco era un cane sereno e lo ero anche io. Ero felicissimo dei risultati – anche e soprattutto perché li avevo ottenuti da solo – ed ero felicissimo di Paco e di aver voluto tenere Paco.