Il bar dei cani

Da quando con Paco iniziammo a fare passeggiate e ripassi cinofili con Cristina e Laretta, uno dei luoghi in cui ci incontravamo era la Caffetteria La Stampa.

Un grosso bar nella zona del Valentino, nei pressi della sede dell’omonimo quotidiano. Un bar molto noto e frequentato dai proprietari di cani in quanto i titolari erano decisamente dog friendly. Ogni volta non dimenticavano di elargire biscotti e coccole ai cani.

A Paco e Lara piaceva tanto andare al bar dei cani. Se li lasciavamo liberi all’inizio della via, ci andavano da soli. Si comportavano proprio come due persone, due normali clienti umani che vanno al bar!

Anche questo rimarrà un gran bel ricordo. La caffetteria purtroppo è chiusa. Mi è sempre piaciuto fantasticare che, se fossi diventato ricco, avrei comprato e riaperto quel bar e lo avrei intitolato a Pacone e Laretta.

Il “nonno umano” di Paco

Questa non è soltanto la storia di Paco, ma anche quella di 8 anni della mia vita. Forse i più significativi, sicuramente quelli che ricordo come i più belli, i più intensi, quelli dove sono accadute le cose più significative per me. Vorrei inoltre ricordare qui anche mio padre, purtroppo anch’esso portato via da un tumore 🙁

 

Non ebbi mai un buon rapporto con mio padre, e per vicissitudini passate di fatto ci togliemmo la parola e ci allontanammo diverse volte. Fu proprio Paco a farci riavvicinare, per ben due volte. La prima quando lo adottai, nel 2010, perché papà mi vidde in strada con questo cagnone grande e ne fu incuriosito. Mi disse che “aveva gli occhi umani”.

A seguito di screzi ci allontanammo nuovamente io e mio padre. Nel 2016 Paco aveva già iniziato la chemioterapia, ero senza lavoro, avevo dato fondo a tutti i risparmi e avevo lanciato una colletta. Volle contribuire anche mio padre, informato da mia madre. La prima volta che lo incontrai volli ringraziarlo, pensai inoltre che gli avrebbe fatto piacere rivedere Paco e sapere che nonostante tutto stava benino.

 

Con papà e Paco facemmo anche delle belle passeggiate, fu un bel periodo almeno finché stette bene Paco e finché stette ancora bene papà.

 

Insegnare ai cani a dare la zampa

Durante le mie peregrinazioni per capire come aiutare Paco, dopo essere stato abbandonato dal primo centro cinofilo e aver rinunciato a imbottire Paco di psicofarmaci, tentai ancora con diversi educatori e istruttori cinofili.

Ne conobbi alcuni formatisi in S.I.U.A. Scuola di Interazione Uomo Animale, mi proposero un approccio molto differente da quello del mettere e forzare il cane nel problema, ma suggerivano anzi di evitare situazioni che avessero potuto spaventare Paco e che di conseguenza anche la relazione ne avrebbe giovato.

 

Dopo un periodo di risultati (e assicuro che già il non essere morso e il vedere il cane concentrato su qualche attività o sull’ambiente esterno senza ansie e paure, erano già dei gran risultati) mi incuriosii su questa scuola. Nel 2013 decisi di iscrivermi al corso da Educatore Cinofilo, il corso EC43 a Torino.

 

Inizialmente non fu facile, permettevano di portare i propri cani purché normo-comportamentali e purché non notassero disagio. Di fatto un cane fobico non potei portarlo. Il corso fu comunque interessante e mi diede occasione di conoscere parecchie persone in gamba in ambito cinofilo, sia fra gli allievi che gli insegnanti. Inoltre apprezzavo la filosofia della scuola e del Prof. Roberto Marchesini.

 

Per varie vicissitudini e incomprensioni con i tutor, mollai il corso. Feci però tesoro delle competenze acquisite e continuai a usarle con Paco. I risultati c’erano, Paco era un cane sempre più educato, camminava senza tirare al guinzaglio, ascoltava, mi guardava, iniziava a imparare una serie di esercizi attività evolutive. Nel 2015 decisi di proseguire, mi iscrissi nuovamente e proseguii con il corso EC79. E portai anche Pacone! Anche questa fu occasione di nuove conoscenze, e finalmente riuscii a diplomarmi come Educatore Cinofilo.

 

Il corso senza dubbio non era economico, il periodo per me non era dei più propizi ne dei più felici. Spesso chiedevo aiuto a mia madre, lei di questo corso non è che fosse propriamente entusiasta: lo vedeva come un corso costoso dove “insegnavano ai cani a dare la zampa”.

Successivamente, nel 2017, mi iscrissi anche al corso per Istruttore Cinofilo, il corso IC17. Paco era già malato, ma quando iniziai il corso stava ancora bene. Lo portavo, lui si acciambellava tranquillo sotto il banco e dormiva, talvolta solo, talvolta in compagnia di Tulcea, uno dei cani della mia compagna di banco Silvia. Purtroppo Pacone non arrivò a fine corso.

Sono contento di aver fatto questi corsi non soltanto per le competenze acquisite, per la soddisfazione di aver ottenuto risultati con Pacone e di averlo portato al corso, ma anche per le persone che ho conosciuto e con le quali sono rimasto ancora in contatto.

Don Giovanni

Pacone era un gran corteggiatore, non perdeva occasione per fare il filo a tutte le canette che conoscevamo. Era un vero Don Giovanni, mai insistente, mai volgare; corteggiava le femmine con baci dietro le orecchie, con nasate delicate o poggiando il mento dietro la schiena. Le tentava tutte e non demordeva, non si faceva scoraggiava da qualche abbaio o qualche morso.

 

 

 

Aveva anche delle preferenze, aveva un debole per le labrador scure e per le CLC, ma non disdegnava le PT.

 

 

E quando poteva corteggiare più femmine contemporaneamente… perché no!

 

 

 

Melatonina e Thundershirt

Dopo gli svariati insuccessi con veterinari comportamentisti, educatori e istruttori, avevo deciso di non rivolgermi più a figure professionali. Faceva eccezione la nostra bravissima veterinaria, Simona, che ci aiutava come poteva nei limiti delle sue possibilità e anche oltre.

Mi stavo anche chiedendo se non fosse stato il caso di dare via Paco. Non volevo rimandarlo in canile ne avrei desiderato mandarlo presso situazioni di fortuna. Era un cane fobico, aveva reazioni di lotta o fuga, poteva anche arrivare a mordere ma gli volevo bene e pensavo meritasse qualcosa di più.

Non ho voluto arrendermi, ho continuato a documentarmi sulle paure, le fobie, le ansie nei cani e su come venirne a capo o almeno poterci convivere. Avevo sentito parlare della Thundershirt, una maglietta che in teoria avrebbe dovuto tranquillizzare il cane e il cui uso era previsto proprio per le fobie ai rumori. Ero scettico e all’epoca la Thundershirt non era facilmente reperibile, andava ordinata direttamente dagli USA e non era economica. Volli provare, d’altra parte Pacone si faceva vestire qualsiasi cosa senza problemi.

Inoltre chiuso il discorso psicofarmaci, ero alla ricerca di qualcosa di naturale che potesse aiutare Paco e che non avesse effetti collaterali. Iniziai a provare tutti i prodotti nutraceutici, omeopatici e fitoterapici che avevo scoperto. DAP, fiori di Bach, derivati delle proteine del latte infine la melatonina. Procedevo in modo quanto più “scientifico” mi risultasse possibile, provando un principio per volta per settimane, cercando di capire se c’erano cambiamenti nelle reazioni di Paco ad esempio durante i temporali. Nessun cambiamento, finché non iniziai a dare a Paco la melatonina. Fino ad alcuni anni orsono si trovava in libera vendita come integratore a dosaggi molto più alti degli attuali, per Paco trovavo delle compresse da 5mg ad uso umano (per conciliare il sonno).

Finalmente fra Thundershirt e melatonina iniziavo a vedere i primi effetti. Con ostinazione sono andato avanti per mesi e pian piano iniziavo a notare che Paco, durante i temporali, non andava in panico subito ma dopo un po. Aveva iniziato a non anticipare i temporali e poi ad andare in panico magari al secondo tuono anziché al primo. Quei pochi minuti che tanto bramavo: iniziai a sfruttarli per fargli fare delle piccole ricerche olfattive spargendo dei bocconcini in terra poi usando la palla labirinto o nascondendo del cibo per casa e chiedendogli di cercarlo. Queste attività erano sempre più lunghe, avevo iniziato a non chiuderlo più in kennel e lui magari tremava ma non scappava come più come una palla impazzita per tutta la casa.

Contro il parere di tutti, mi ero convinto che ormai la strada fosse in discesa e che Paco potesse totalmente superare le sue paure. Ci ho messo ben tre anni, ma eravamo arrivati a poter uscire sotto il temporale. Paco ignorava rumori di ogni tipo, botti compresi. Non lo portavo più in pensione a capodanno e lui era tranquillo. Iniziai anche a poterlo lasciare sciolto, anche in città, senza temere che potesse scappare.

Finalmente Paco era un cane sereno e lo ero anche io. Ero felicissimo dei risultati – anche e soprattutto perché li avevo ottenuti da solo – ed ero felicissimo di Paco e di aver voluto tenere Paco.

Nemiciamici

Anni prima di adottare Pacone, frequentavo il Wild Fangs forum, un forum dedicato all’omonimo fumetto ma che conteneva anche temi inerenti i canidi, la cinofilia e molto altro. Collaboravo con questo forum, scrivevo nelle sezione Real canines. Su questo forum conobbi molti proprietari di cani fra cui Francesca “Kooma”.

Quando io adottai Paco, Kooma aveva da poco adottato Tucson, un giovane mix CLC. Decidemmo di far conoscere i cani e così con Kooma restammo amici. Mentre Paco e Tucson restarono… nemiciamici 🙂

 

Li facemmo conoscere la prima volta nell’area cani del Giardino Luigi Firpo e andò tutto bene, sostanzialmente si ignoravano e tolleravano. Poi andammo a casa mia dove, vuoi per inesperienza, vuoi che fosse presto per portare Tucson a casa di Paco, i due si azzuffarono.

 

Tutto iniziò perché Tucson andò a bere dalla ciotola di Paco e fin qui non sarebbe successo nulla. Solo che Tucson decise di impossessarsi delle sue ciotole… questo gesto fece arrabbiare Pacone il quale montò su Tucson e i due iniziarono ad azzuffarsi e mordersi per tutta la casa, tanto da far volare le sedie in terra. Per fortuna io e Kooma mantenemmo il sangue freddo e separammo i cani senza danni per noi e per loro e riuscimmo anche a farli riavvicinare dopo poco tempo.

 

A parte quell’episodio, nel corso degli anni è capitato molte di volte di fare passeggiate con Paco e Tucson, li ho anche fatti camminare accanto al guinzaglio, così come è capitato che Tucson venisse a trovarci a casa.

Mentre Tucson per Paco è sempre stato il benvenuto in casa, lui non ha mai dimenticato di essere stato montato e ha sempre guardato Paco con un misto di sospetto e timore, mantenendo sempre le adeguate distanze 🙂

Laretta

Conoscemmo Laretta nel 2011, perché era uno dei pochi cani che, oltre Paco, entravano nei recinti assieme ai cani della dog sitter Silvia. Lara era una cagnolina gialla bionda, timidina, che entrava mal volentieri in area cani e se ne restava sotto la panchina dove sedeva l’anziana proprietaria, Cristina.

Per molto tempo non rividdi Cristina e Lara. Poi iniziai a incontrarle al Valentino. Lara era cresciuta, era diventata una bellissima cagnona gialla bionda e non era più timida come un tempo, era così educata e faceva persino Pet Therapy. Quando iniziai il corso SIUA scoprii che Cristina quel corso lo aveva già fatto e che, oltre che Operatrice di Pet Therapy, era anche Educatrice Cinofila.

 

 

Iniziammo a frequentarci e nacque un’amicizia fra me e Cristina e fra Pacone e Laretta. Cristina mi aiutò moltissimo nel ripassare per dare l’esame SIUA e nel convincermi a fare passi avanti nella gestione in libertà con Paco. E Paco stravedeva per Lara, la seguiva sempre nelle sue caccie agli scoiattoli, alle cacche e schifezze varie…

 

Spesso andavamo assieme all’area cani dei Giardino Luigi Firpo, in quella delle Vallere, al Viridea, al lago di Avigliana. Al Valentino avevo iniziato a lasciare Pacone libero con Lara, anche se mi montava l’ansia quando seguiva Lara che si arrampicava su terreni scoscesi. A volte mi facevo anche prestare Lara e la portavo a casa, Paco era felicissimo, non stava un attimo fermo. Ogni volta che la vedeva le faceva tantissime feste, se la annusava tutta, la riempiva di baci.

 

 

 

Anche l’ultima volta che si viddero, poco tempo prima che Paco volasse sul Ponte Arcobaleno, Paco le fece tante feste; la annusava con tanta veemenza da sollevarla mettendole il nasone sotto la pancia.

 

Rividdi ancora qualche volta Laretta, poi con Cristina ci perdemmo di vista. Qualche anno più tardi venni a sapere che anche Lara era volata sul Ponte dell’Arcobaleno. Mi piace pensare Pacone e Laretta di nuovo insieme, a rincorrere scoiattoli.

 

La prima gita di Paco

Da buon appassionato di lupi e frequentando siti web e forum su cani e lupi, ebbi modo di conoscere molti appassionati e proprietari di CLC.

Fra questi Federica, pet mate del CLC River. Questo cane era l’eccezione che confermava la regola, un CLC tirato su bene, socializzato, educato, amichevole anche con altri cani maschi. Con altri proprietari di CLC organizzammo una escursione cui avrei partecipato con Paco.

Andammo nei dintorni del Parco della Mandria, lungo un corso d’acqua. Fu la prima volta che lasciai Paco libero. Sapevo fosse un azzardo e la verità è che ero più speranzoso che si sentisse al sicuro “in branco” con gli altri cani e rimanesse con loro in caso si fosse spaventato di qualcosa, perché da me non sarebbe tornato.

 

 

Fu la prima volta che viddi Paco così felice. Scoprii che adorava l’acqua e sapeva nuotare. E chiaramente passò tutto il tempo a corteggiare Vea.

 

 

 

 

Il senso per le automobili di Paco

Avevo sempre avuto una idiosincrasia per le automobili. Fino al 2012 avevo evitato anche di prendere la patente. Lavoravo da una quindicina d’anni e fino ad allora me la ero cavata con passaggi da parte dei colleghi, treni, autobus.

Mi rendevo conto però di aver adottato un cane che adorava viaggiare in auto. Che adorava le automobili. Nei parcheggi le annusava tutte, cercando quelle che potessero essere a lui familiari. Riconosceva anche i modelli di auto in cui lui aveva viaggiato. Annusava per bene le maniglie, forse per capire chi vi avesse viaggiato. I parcheggi per lui erano una pacchia. Una volta passammo vicino a un’auto il cui proprietario stava aprendo il bagagliaio in quel momento. Paco senza esitare ci saltò dentro.

Ma con Paco l’auto non era solo un vezzo: talvolta c’era necessità di portarlo via dalla città, ad esempio nel periodo di capodanno o il giorno dalla festa di San Giovanni. Era necessario evitargli i botti e i conseguenti traumi, altrimenti ogni volta avremmo fatto passi indietro. C’era la necessità di portarlo presso il centro cinofilo o la figura professionale che di volta in volta ci seguiva per i vari problemi.

Decisi di iscrivermi a scuola guida. Ci sarebbe da scrivere un libro solo su come ho preso la patente e sulle inusitate difficoltà che ho avuto, dovetti dovuto persino cambiare scuola guida. Ero motivato unicamente da Paco e dal fatto che mia sorella mi aiutò a comprare un’auto. Trovammo un Renault Kangoo rosso, in versione van. Persino 4×4.

 

Attrezzai l’auto per renderla comoda e sicura per Pacone e per portare assieme a lui eventuali bauamici. Esternamente la decorai con delle piccole impronte. Delle automobili non mi era mai importato nulla, eppure ero felicissimo di avere auto e patente: potevo andare ovunque, ma soprattutto potevo portare Paco con me ovunque!

 

 

 

Palo della luce con le ruote

Il periodo precedente e successivo il capodanno 2011 fu un vero disastro. Mi rivolsi dapprima alla nostra bravissima veterinaria, Simona, che all’epoca aveva come paziente anche Lilla, la nostra gattina di famiglia. Lei con grande pazienza e dedizione ha sempre cercato di aiutare Pacone, ma non avendo ai tempi competenze in ambito comportamentale non potè che raccomandarci a un suo collega.

Tramite un Medico Veterinario Comportamentista iniziai un lavoro sulla relazione e sulle fobie di Paco. Il lavoro si basava su un testo riconosciuto a livello internazionale. Io e Paco ci cimentammo per mesi nel seguire il “Protocollo per la deferenza”. Si trattava di chiedere un seduto al cane e poi allontanarsi, muoversi da e verso il cane, intorno al canile, per la casa, provocare rumori come il suono del citofono, ecc. e ricominciare daccapo se il cane si fosse alzato. Il tutto andava fatto (letteralmente!) con un cronometro, dal momento che gli esercizi avevano delle tempistiche indicate con estrema precisione.

Paco, con pazienza, si sedeva e iniziavamo… con sessioni sempre più lunghe… 5 minuti, 10 minuti, 15 minuti… ogni giorno. Dopo alcune settimane iniziavo a vedere i primi risultati: stavo dimagrendo, il girovita diminuiva, i polpacci iniziavano a diventare più tonici 🙂 Per Paco, ovviamente, non cambiava assolutamente nulla 🙁

Non essendoci risultati, a Paco fu prescritto un antidepressivo, il Clomicalm. Nutrivo ancora la massima fiducia nei confronti dei veterinari e di chi poteva e doveva saperne più di me, quindi iniziai a somministrargli questo farmaco psicotropo. Purtroppo anche in questo caso non c’erano miglioramenti sulle fobie, in compenso Paco iniziava ad avere ogni tanto dei comportamenti inquietanti. Si comportava come se ci fossero altre persone in casa. Escluso il fatto che in casa mia ci fossero presenze paranormali con cui il mio cane interagisse… potevo solo dedurne che avesse le allucinazioni… Siccome neppure in questo modo c’erano netti miglioramenti, mi venne proposto di passare alla fluoxetina (il Prozac) e in quel momento iniziai a nutrire dubbi sul percorso intrapreso.

 

Sospesa gradualmente la terapia, mi rivolsi a un centro cinofilo. Conobbi Marco, un personaggio: non si capiva se fosse un istruttore cinofilo, un Alpino, un anziano con la pipa, un volontario della Protezione Civile o l’insieme di tutte queste cose.

Mi parlarono bene di quel centro cinofilo, ero speranzoso. Grazie ai passaggi in auto di mia sorella portavamo Paco, il quale veniva sottoposto a una immersione (flooding) nei rumori che lo spaventavano e io avrei dovuto far finta di nulla anche si fosse spaventato e farlo continuare a passeggiare a costo di costringerlo. Mi dissero che la pettorina Julius K9 era “una cazzata” e dovevo usare solo collari. Paco era abilissimo a sfilarsi qualsiasi collare anche ben stretto, tanto che ero arrivato a mettergli due collari contemporaneamente!

Inoltre i “compiti a casa” constavano nel solito “Protocollo per la deferenza” e “Regressione sociale guidata”, del farlo mangiare dalle mie mani al Valentino in posti o situazioni che lo mettevano a disagio.

Le fobie non miglioravano (col “senno di poi” e le competenze acquisite in seguito potrei dire: ovviamente), Paco era spesso nervoso e diverse volte mi aveva morso. Allora l’istruttore aveva iniziato a dire che non mi impegnavo a sufficienza, che non cambiavo, che non fossi “abbastanza simpatico” per Paco perché risultavo essere un “palo della luce con le ruote”. Sulle prime ero risentito per questa definizione, solo in seguito ho iniziato a riderci e sinceramente a pensarci mi viene da ridere ancora adesso 🙂

 

Un giorno di ritorno dal centro cinofilo, nel farlo uscire dall’auto, Paco mi riempì un braccio di morsi. Mia sorella era terrorizzata e arrabbiata con lui. L’istruttore, consultato telefonicamente, consigliava di chiamare il cane e far catturare Paco e lasciarlo poi in canile. Non ci avrebbe più seguito e disse addirittura sarebbe stato meglio farlo sopprimere. Avevo chiamato Mirella, anche lei mi consigliava di farlo catturare e che poi sarebbe venuta a riprenderselo e riportarlo a Baulandia. Anche mia madre era arrabbiata e delusa di Paco, saputo dell’incidente.

Io ero letteralmente furioso! Ma non con Paco: con tutti gli altri! In quella situazione, paradossalmente, ero rimasto l’unico a difendere Paco! Se non mi fossi impuntato quella volta, sarebbe finito nuovamente in canile. O peggio.