Paco era da subito piaciuto a tutta la famiglia. Lo avevamo già iniziato a chiamare col vezzeggiativo di Pacone, perché era grande, con le zampotte grandi e in età già adulta. Aveva da subito iniziato a rilassarsi, a prendere confidenza con la casa, a usare finalmente la sua brandina mettendocisi sopra… e sotto…
Gli avevo iniziato a comprare un Kong, che a lui in realtà piaceva usare come Kong ma anche inseguire per casa e recuperare come fosse stato una “pallina”. D’altra parte non aveva mai avuto giochini in canile e qualsiasi cosa per lui era una novità, qualcosa di sconosciuto che non sapeva usare, ma che era una cosa bella e divertente.
Era agosto, era normale e auspicabile capitasse qualche temporale. E così iniziai a capire che Paco non aveva una semplice paura dei temporali come mi dissero in canile, era qualcosa di più radicato e profondo, di più complesso. Una paura tale da sopraffare lui, che senza pace scappava per tutta la casa cercando riparo e vie di fuga, da sopraffare me che non sapevo come aiutarlo e che all’epoca non avevo competenze per gestire una tale situazione.
Purtroppo tutto quel che avevo letto su libri e sul web non aiutava e, cosa che ancora non sapevo, in qualche caso era controproducente ed errato, il consiglio di ignorare totalmente il cane che ha paura.
Paco durante i temporali o se sentiva rumori come botti, aerei, sbuffi, tonfi o anche un semplice palloncino che scoppiava andava totalmente in panico. Cercava vie di fuga in qualsiasi direzione, anche in verticale. Se era in strada tirava per tornare a casa ma se era a casa voleva uscire o cercava riparo a caso sopra e sotto i mobili.
Durante l’inverno del 2011 la situazione precipitò notevolmente a causa dei botti. Non parliamo della notte di San Silvestro, ma dei mesi di novembre, dicembre e metà gennaio. A Torino non era ancora il vigore il divieto e i ragazzini andavano avanti per mesi interi a lanciare petardi in strada.
Mio malgrado mi ero ancora accorto di come Paco, se tentavo di interagire con lui mentre era in panico, magari per trattenerlo o contenerlo affinché non saltasse per casa facendosi male, poteva anche mordere. Avevo iniziato a gestire la situazione come potevo, aiutandomi anche con dei kennel.
Ma lui non voleva stare neppure nei kennel, grattava, a quello in stoffa forzava la cerniera, quello in plastica era piccolo e lui grattava. Tra l’altro a causa del fatto che i kennel avessero un gradino, se lui era già in panico, non voleva entrarci. Così con delle tavole di legno, delle parti di un recinto componibile per cuccioli e delle semplici fascette di plastica, avevo costruito un kennel molto largo e con una parete che si apriva totalmente fino al pavimento. Avevo messo delle coperte intorno per attutire i rumori.
Chiaramente avevo ben compreso di avere bisogno di aiuto, di figure professionali che ci aiutassero…