Melatonina e Thundershirt

Dopo gli svariati insuccessi con veterinari comportamentisti, educatori e istruttori, avevo deciso di non rivolgermi più a figure professionali. Faceva eccezione la nostra bravissima veterinaria, Simona, che ci aiutava come poteva nei limiti delle sue possibilità e anche oltre.

Mi stavo anche chiedendo se non fosse stato il caso di dare via Paco. Non volevo rimandarlo in canile ne avrei desiderato mandarlo presso situazioni di fortuna. Era un cane fobico, aveva reazioni di lotta o fuga, poteva anche arrivare a mordere ma gli volevo bene e pensavo meritasse qualcosa di più.

Non ho voluto arrendermi, ho continuato a documentarmi sulle paure, le fobie, le ansie nei cani e su come venirne a capo o almeno poterci convivere. Avevo sentito parlare della Thundershirt, una maglietta che in teoria avrebbe dovuto tranquillizzare il cane e il cui uso era previsto proprio per le fobie ai rumori. Ero scettico e all’epoca la Thundershirt non era facilmente reperibile, andava ordinata direttamente dagli USA e non era economica. Volli provare, d’altra parte Pacone si faceva vestire qualsiasi cosa senza problemi.

Inoltre chiuso il discorso psicofarmaci, ero alla ricerca di qualcosa di naturale che potesse aiutare Paco e che non avesse effetti collaterali. Iniziai a provare tutti i prodotti nutraceutici, omeopatici e fitoterapici che avevo scoperto. DAP, fiori di Bach, derivati delle proteine del latte infine la melatonina. Procedevo in modo quanto più “scientifico” mi risultasse possibile, provando un principio per volta per settimane, cercando di capire se c’erano cambiamenti nelle reazioni di Paco ad esempio durante i temporali. Nessun cambiamento, finché non iniziai a dare a Paco la melatonina. Fino ad alcuni anni orsono si trovava in libera vendita come integratore a dosaggi molto più alti degli attuali, per Paco trovavo delle compresse da 5mg ad uso umano (per conciliare il sonno).

Finalmente fra Thundershirt e melatonina iniziavo a vedere i primi effetti. Con ostinazione sono andato avanti per mesi e pian piano iniziavo a notare che Paco, durante i temporali, non andava in panico subito ma dopo un po. Aveva iniziato a non anticipare i temporali e poi ad andare in panico magari al secondo tuono anziché al primo. Quei pochi minuti che tanto bramavo: iniziai a sfruttarli per fargli fare delle piccole ricerche olfattive spargendo dei bocconcini in terra poi usando la palla labirinto o nascondendo del cibo per casa e chiedendogli di cercarlo. Queste attività erano sempre più lunghe, avevo iniziato a non chiuderlo più in kennel e lui magari tremava ma non scappava come più come una palla impazzita per tutta la casa.

Contro il parere di tutti, mi ero convinto che ormai la strada fosse in discesa e che Paco potesse totalmente superare le sue paure. Ci ho messo ben tre anni, ma eravamo arrivati a poter uscire sotto il temporale. Paco ignorava rumori di ogni tipo, botti compresi. Non lo portavo più in pensione a capodanno e lui era tranquillo. Iniziai anche a poterlo lasciare sciolto, anche in città, senza temere che potesse scappare.

Finalmente Paco era un cane sereno e lo ero anche io. Ero felicissimo dei risultati – anche e soprattutto perché li avevo ottenuti da solo – ed ero felicissimo di Paco e di aver voluto tenere Paco.

La prima gita di Paco

Da buon appassionato di lupi e frequentando siti web e forum su cani e lupi, ebbi modo di conoscere molti appassionati e proprietari di CLC.

Fra questi Federica, pet mate del CLC River. Questo cane era l’eccezione che confermava la regola, un CLC tirato su bene, socializzato, educato, amichevole anche con altri cani maschi. Con altri proprietari di CLC organizzammo una escursione cui avrei partecipato con Paco.

Andammo nei dintorni del Parco della Mandria, lungo un corso d’acqua. Fu la prima volta che lasciai Paco libero. Sapevo fosse un azzardo e la verità è che ero più speranzoso che si sentisse al sicuro “in branco” con gli altri cani e rimanesse con loro in caso si fosse spaventato di qualcosa, perché da me non sarebbe tornato.

 

 

Fu la prima volta che viddi Paco così felice. Scoprii che adorava l’acqua e sapeva nuotare. E chiaramente passò tutto il tempo a corteggiare Vea.

 

 

 

 

Area cani e piccoli amici

Dai primi giorni avevo iniziato a portare fuori Paco allungando gradualmente le distanze da casa. Ero finalmente riuscito a portarlo in un’area cani, quella del Giardino Luigi Firpo. Col “senno di poi” e con le mie attuali competenze cinofile so che le aree cani non sempre sono il preludio di esperienze positive per cani e proprietari, ma all’epoca mi sembrava di poter realizzare un sogno! Sarebbe stato piacevole vedere Paco socializzare con altri cani, ma confesso che sarei stato anche io felice di socializzare con altre persone con interessi in comune.

 

Paco si è sempre mostrato amichevole con altri cani, anche maschi, cosa che spesso stupiva positivamente altri proprietari di cani. Con le femmine era un vero Don Giovanni. Erano tutte sue, anche se aveva le sue preferenze: per le labrador aveva un debole, per le CLC stravedeva ma anche le pastoresse tedesche non le disdegnava affatto!

Iniziava tutto con una annusata alle parti posteriori e poi piano piano si passava ai bacini dietro le orecchie, alle “nasate” sulla schiena… ovviamente questo era il preludio alla monta, cosa che purtroppo per lui ho sempre dovuto impedire onde evitare cucciolate non previste. Oppure tutto si concludeva con qualche abbaiata o qualche morso da parte della femmina, un due di picche canino insomma 🙂

Il suo primo bauamico lo ricordo sempre, è stato Lump, che ancora mi è capitato di incontrare qualche volta dopo che è mancato Paco. Un Jack Russel, all’epoca era un cucciolotto.

Nell’area cani conoscemmo anche due dog sitter, abituè dell’area cani di Via Muratori: Margherita e Silvia. Quando c’erano loro, dal momento che Paco era un cane buono e socievole, ci permettevano di entrare con i loro cani e quelli dei loro clienti. Questo fu d’aiuto a Paco anche per quanto riguarda le fobie, seppur trovarci in area cani mentre stava per iniziare un temporale o nel periodo dei botti poteva diventare difficile. D’altra parte in città, con tutti i rumori che in qualsiasi momento potevano spaventarlo e indurlo alla fuga, non c’erano molti altri posti in cui potevo lasciarlo sciolto in sicurezza.

L’area cani era diventata anche un rendez-vous, un punto d’incontro con altri amici cane-muniti o con parenti. “Dove sei?” “In area cani con Paco, vieni anche tu?”. “Dove ci troviamo?” “In area cani!”. E con mia sorella arrivammo al punto di fare manutenzione di quell’area cani, visto che alla Circoscrizione non importava. Ci occupavamo, di nostra iniziativa e a nostre spese di riparare recinzioni, chiavistelli e cancelli. D’altra parte lo facevamo anche per Pacone: era importante che, anche se si fosse spaventato, non potesse scappare.

Eravamo felici, passavamo il tempo anche se soli, a Paco bastava una pallina. Gli lanciavo la pallina e lui me riportava, andavamo avanti così anche per un’ora.

 

 

Verso una nuova vita

Mirella Ruo

Era inizio agosto del 2010, lavoravo molto e quasi non avevo una vita privata, avevo bisogno di “staccare” e da molto tempo desideravo un cane. Dopo anni di volontariato nei canili non avevo mai avuto un cane “tutto mio”. In quel periodo ero in contatto con Mirella Ruo, responsabile di una cooperativa che in passato gestiva il canile Baulandia di Casale Monferrato. Mi scrisse proprio in quei giorni perché, dopo una serie di vicissitudini di cui ero a conoscenza, avevano ripreso il canile in gestione. Sabato 7 agosto sarei andato a parlare con Mirella. In realtà preannunciai anche la volontà di adottare un cane.

Scheda di Paco sul sito di Baulandia

Nei giorni precedenti avevo spulciato il sito web di Baulandia, c’erano le schede dei cani. Per qualche motivo una scheda l’avevo anche stampata, ma non mi sono mai spiegato il perché proprio di quel cane e perché solo di quel cane. Forse una semplice coincidenza, forse quel cane mi aveva colpito più di altri, forse era destino.

Non avevo ancora l’automobile, non avevo neppure la patente. Non ne avevo mai avuto bisogno. Ovviamente da Torino non potevo andare a Casale Monferrato e tanto meno in un canile in campagna con i mezzi pubblici. Mi accompagnò mia sorella Anna Lisa. Dopo una chiacchierata con Mirella, mi furono mostrati alcuni cani. Non intendevo fare distinzioni di sesso, razza o età, chiesi un cane che potesse andasse d’accordo con altri. Mi veniva consigliata una cagnona bianca di 3 anni, Meringa.

Chiesi di portare in passeggiata Meringa, ma non mi sembrava giusto nei confronti del suo compagno di box far uscire solo lei. E poi eravamo in due. Così chiesi se io e mia sorella avessimo potuto portarli fuori entrambi, così  lei portò Meringa e io portai Paco.

Paco in auto verso casa (prima foto di Paco)

Meringa sembrava un cane perfetto, affettuosa, abituata a interagire con le persone. Paco sembrava abitudinario, era già più avanti con l’età e in box girava in tondo senza badare molto alle persone. Mi diceva Mirella che del canile non ne poteva più, che voleva sempre scappare dal box, che aveva proprio bisogno di una casa. Ma un cane nero focato di sei anni tutti passati in canile e che girava in tondo chi lo avrebbe adottato…

Dovevo adottare Meringa, tornammo a casa con Paco. Salii in auto sul sedile posteriore e feci salire anche lui. Paco si accomodò sul sedile come lo avesse sempre fatto: in un primo momento si mise a pancia all’aria con la testa sulle mie gambe e quando partimmo si sedette per guardare dai finestrini.

Arrivati a Torino andai a comprare una brandina adatta a lui. Anche se il primo giorno la snobbò, forse perché una brandina non l’aveva mai avuta ne sapeva cosa fosse e che fosse per lui. Si mise a dormire a lungo sul pavimento, come avesse avuto del sonno arretrato. Niente più rumore, niente più abbaiare, niente più odore di urina, niente più cemento bagnato.

La prima nanna di Paco